Giulia in Viaggio nell’Isola di Lanta in Thailandia

Giulia in Viaggio nell’Isola di Lanta in Thailandia

L’isola di LANTA con la bellissima Giulia un italiothailandese che oramai sa tutto della Tailandia  e sa coglierne ogni suo aspetto, come il suo papà che nel sito thaiweb vi descrive le zone più belle di questo meraviglioso e accogliente paese.
Il nostro viaggio inizia in prossimità del capodanno cinese e ha come base di partenza la comoda ma caotica isola di Phuket

Al terminal marittimo di Rassada Port il battello ha già cominciato ad imbarcare i passeggeri. La sua prima destinazione è la famosa isola di Phi Phi, la sosta in questa isola mi permette di giocare e di distribuire briciole di pane ai coloratissimi pesci corallo che nuotano sotto il pontile.  Lasciata Phi Phi island  e superato il promontorio di Laem Poh, vediamo le vicine isole di Bamboo e Mosquito, mentre sfilano sullo sfondo Krabi e le sue decine di isole. Passa poco più di mezz’ora ed eccola apparire nel caldo sole invernale. Koh Lanta ci viene incontro con la sua sagoma verde scuro separata dal blu del mare dalla sottile striscia bianca delle sue spiagge.

Guardandola di lato l’isola sembra immensa; in realtà ciò che si staglia davanti alla prora del battello è l’insieme di due isole ben distinte: Lanta Noi a nord, dalla forma rotondeggiante, più vicina alla terraferma, quasi disabitata, la cui parte orientale è costituita da un complicato intreccio di canali e di mangrovie, Lanta Yai a sud, più montuosa della sorella è lunga e stretta, da nord a sud è attraversata da una piccola catena montuosa le cui pendici ricoperte di fitta foresta scendono verso il mare fino a costituire un anello pianeggiante ove corre la stretta strada che collega i numerosi resort ed i pochi paesi abitati.

Entriamo in quello che sembra l’estuario di un fiume, mentre in realtà è lo stretto che separa Lanta Yai da Lanta Noi, costeggiando quello che fino a pochissimo tempo fa doveva essere un tranquillo e dimenticato villaggio di pescatori. Si notano senza difficoltà le sue povere origini, i tetti in lamiera e le stinte assi di legno di alcune abitazioni, ma si notano anche i segni premonitori di un turismo in via di progressiva espansione: ristoranti realizzati su palafitte, negozi, insegne e bar.

Con una secca virata che fa inclinare non poco lo stretto battello, ci fermiamo al Saladan Boat Pier dove veniamo accolti da una moltitudine di persone che, innalzando un cartello con il nome di questo o di quel resort, si contendono i clienti indirizzandoli verso diversi pick-up e pochi minibus. Individuiamo a fatica il cartello dell’albergo da noi scelto e veniamo indirizzati verso un malandato pick-up modificato artigianalmente per trasportare i clienti. Per me , papà e mamma Moon non è una novità, e ci avviamo stanchi ma felici.

Una piccola strada sterrata ci conduce verso   una bassa costruzione, dove una mano imprecisa ha disegnato sul muro la scritta “Lanta Palace”. Qui a Lanta non esistono costruzioni a più di due piani in quanto le autorità locali, memori degli scempi urbanistici di Phuket, hanno imposto l’avveduta regola che ogni costruzione non possa superare le fronde delle palme da cocco.

Il pomeriggio ci vedrà distesi sulla spiaggia nell’attesa di un tramonto che si annuncia degno di numerosi scatti fotografici.
Io e mamma Moon ci divertiamo a raccogliere  decine di minuscole e variopinte conchiglie.  Qualche barca passa al largo puntando verso il nord dell’isola. La spiaggia è completamente priva di rumori, qui non sono ancora arrivati i potenti motoscafi e le moto d’acqua.

Il giorno seguente ci troviamo a Saladan dove un grosso battello ha già avviato i motori ed in breve ci conduce attraverso stretti canali di mangrovie. L’acqua non è certamente invitante,  ma in questo momento è la vegetazione la primadonna della scena. Migliaia di tonalità di verde ci scorrono velocemente intorno, dalla riva una foresta arriva fino ai 500 metri della sommità della montagna.

Poi superato il piccolo ed isolato villaggio di Thung Yée Phang, la barca entra in mare aperto e si dirige verso uno dei tanti isolotti della zona. Alcune boe da ormeggio consentono alle barche di fermarsi senza dover buttare l’ancora rischiando di distruggere le formazioni coralline. Una sgradita sorpresa ci accoglie in acqua, alcune specie di coralli in questa stagione rilasciano invisibili spore urticanti.

Il battello riparte verso altri isolotti e nuove spiagge mentre un marinaio distribuisce fette di cocomero e di ananas. Dopo una sosta a Koh Chueak, la barca si dirige verso la costa sabbiosa di Koh Ngai, una tra le più grandi delle tante isole del mare tra Lanta e la costa di Trang. Subito a ridosso dell’arenile l’equipaggio allestisce un’improvvisata mensa da campo, servendo riso all’ananas e calamari in umido. Il tempo di fare la pappa ed il comandante della barca ci avvisa che è ora di riprendere il mare. La nostra prossima meta sarà l’isola di Muuk che cela al suo interno una meraviglia della natura: la Emerald Cave.

Le poche miglia che ci separano da Koh Muuk sono superate in pochi minuti; la barca si ferma a fianco di un paio di grossi traghetti intenti a scaricare in mare decine di turisti per la maggior parte cino-thailandesi che si concedono un periodo di vacanza in occasione del Capodanno Cinese. In mare alcune grosse cime delimitano un corridoio che conduce verso un’ampia grotta che penetra all’interno del granitico monolito dell’isola.

Mamma Moon indossa per sicurezza un giubbotto salvagente, io un paio di braccioli gonfiabili, papà  una maschera subacquea. L’acqua e calda e limpida, ci dirigiamo verso l’interno della grotta,  il fondo marino illuminato dai raggi del sole pomeridiano fa da contrasto alla volta nera dell’antro. Nuotiamo tenendoci per mano ed in breve ci ritroviamo nell’oscurità quasi assoluta. Poi meraviglia delle meraviglie!  Una piccola baia appare all’interno dell’isola. L’acqua, molto bassa, è così limpida che non riusciamo a individuare la linea del bagnasciuga.

Al ritorno ci gustiamo i colori tenui delle numerose baie di Ko Lanta. Nella sua parte settentrionale la spiaggia assume il nome di Khlong Khoang Beach e diventa più rocciosa, specie con la bassa marea; mentre i resort si fanno più numerosi la costa ritorna sabbiosa prima con Long Beach e quindi con il cuore turistico di Lanta, l’ampia e stupenda baia di Khlong Dao Beach.

I nostri giorni sull’isola passano lenti ed in fretta nello stesso tempo. Sembra un paradosso, ma la mancanza di orari e regole lascia spazio al riposo assoluto rende la giornata libera e selvaggia. Niente pantaloni, scarpe, pannolini …, usciamo dal bungalow al mattino con addosso il costume da bagno, una maglietta e con il telo da spiaggia sottobraccio. Talvolta ci viene voglia di fare qualcosa di diverso, andare da qualche parte, vedere qualcosa di nuovo, ma la forza del profumo del mare e del riposante silenzio ci tengono prigionieri in questa cella azzurra ed abbagliante che ha come mura solo la nostra fantasia. Questa è la grande magia di Lanta.

1 commento

  1. Giulia

    Grazie per le informazioni, mi sono state utilissime nell’organizzare il viaggio in Thailandia.
    G.

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